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Staffetta Luglio 2020

· Il rimborso delle addizionali accise è diventato un tema di scontro tra imprese e governo, come crede finirà? 

La vicenda delle addizionali accise non è certamente il principale problema del mondo imprenditoriale, ma è paradigmatica dei limiti e delle debolezze che affliggono il “sistema Italia” e che non si è in grado di risolvere (o forse non ci si mette volontà sufficiente) anche quando sarebbe abbastanza semplice.

Per ufficializzare in maniera definitiva ciò che si sapeva fin da subito, e cioè che le addizionali erano state indebitamente richieste, abbiamo dovuto attendere 10 anni ed ora che il diritto al rimborso è indiscutibile si scopre che ottenerlo sarà quasi impossibile e comunque richiederà ulteriori estenuanti e costosissimi contenziosi, peraltro spesso tra soggetti, consumatori e fornitori sostituti d’imposta, che nel caso specifico stanno dalla stessa parte della barricata.

Fa male pensare che impatti avrebbero potuto avere in 10 anni su consumi, investimenti, nuovi progetti, opportunità di lavoro, 3,4 miliardi nella disponibilità di sistema produttivo e cittadini.

Il fatto poi, che tutto questo accada in un momento in cui il Governo, con meritevole ed enorme impegno, stia cercando disperatamente di mettere insieme il Decreto Rilancio e il Decreto Semplificazioni, renderebbe la situazione addirittura farsesca se dietro, purtroppo, non ci fossero migliaia di imprese in difficoltà e milioni di posti di lavoro a rischio.

Urge un intervento che renda immediato ed estremamente semplice il rimborso di quanto indebitamente pagato dai consumatori, magari anche tramite un meccanismo di riconoscimento di un credito fiscale immediatamente compensabile. Sarebbe un primo chiaro segnale che lo Stato vuole realmente ricostruire un rapporto diverso con la collettività a cominciare dalla corretta gestione dei pagamenti della PA.

· Il valore dell’uplift è esploso negli ultimi mesi, è solo un promemoria del costo della transizione energetica o c’è dell’altro?

Non voglio entrare nella diatriba tra produttori e trader per stabilire se ci siano, e da parte di chi, comportamenti speculativi che influiscono sull’andamento dell’uplift; le Autorità competenti sapranno sicuramente chiarire questi aspetti. Mi preme maggiormente sottolineare che l’esplosione dei costi di dispacciamento è certamente dovuta al forte aumento della quota di generazione da FER non programmabili unite alle attuali regole di priorità di dispacciamento e di esclusione dalla responsabilità di bilanciamento; siamo quindi di fronte all’anticipazione di quello che ci aspetta nei prossimi anni e a cui il sistema dovrà prepararsi adeguatamente. Illudersi che la transizione energetica, assolutamente necessaria e da perseguire senza incertezze, sia una passeggiata a basso costo è pericoloso e totalmente fuorviante; purtroppo però spesso è questo il messaggio che viene veicolato al grande pubblico. Sarebbe invece opportuno preparare la collettività con una informazione corretta e responsabile in modo che ciascuno possa partecipare attivamente e responsabilmente al cambiamento.

Sul tema specifico e nell’immediato penso si debba operare per utilizzare tutte le risorse disponibili per diluire nel tempo lo shock tariffario, cosa che ARERA sta già attuando per gli oneri generali di sistema.

· Gli strumenti normativi a sostegno degli energivori stanno evolvendo tra meccanismi storici (interrompibilità, interconnector), nuove opportunità (Uvam) (?) e prossimi futuri (decreto gasivori, interrompibilità gas). Quali prospettive?

I settori energivori sono alla continua ricerca di competitività per garantirsi il futuro su mercati sempre più ampi, complessi e concorrenziali e la cercano innanzi tutto nei propri processi interni, con investimenti, innovazione, know how, crescita delle risorse umane e dell’efficienza dei processi, e a seguire in un quadro di sistema – infrastrutturale, normativo, regolatorio – che le metta almeno allo stesso livello dei concorrenti internazionali. I costi energetici sono un elemento centrale della loro strategia e delle loro scelte di sviluppo. Si deve inoltre tenere conto che i settori energivori producono beni (materiali di base, prodotti per le costruzioni, imballi, materie prime) indispensabili per la competitività di molte filiere industriale di fondamentale importanza per l’economia italiana.

Nonostante le misure già in vigore, che presuppongono peraltro importanti impegni finanziari o disponibilità a servizi indispensabili per il sistema, il costo dell’energia per i grandi consumatori italiani resta comunque strutturalmente superiore a quello sostenuto dai principali competitors, per esempio tedeschi o francesi.

Ognuno dei meccanismi che avete citato risponde ad esigenze ed obiettivi diversi, essenziale è avere un quadro chiaro e con una visibilità sufficiente a supportare delle strategie di lungo periodo. Credo che su interrompibilità e interconnector ci sia ormai una certa condivisione da parte dei decisori, e la partita su interventi gas resta aperta e da sviluppare, anche in questo caso in una logica di competitività e di approfondita analisi costi-benefici per il sistema industriale e lo sviluppo del Paese.

Per quanto riguarda le UVAM e più in generale la partecipazione della domanda, la flessibilità è una risorsa importantissima ma di non facile attivazione per molti processi industriali; sono necessari criteri di remunerazione della disponibilità che diano segnali di medio-lungo periodo per interventi su tecnologia, processi e organizzazione spesso molto complessi.

Resta poi aperto il tema della compensazione degli oneri indiretti ETS che, anche alla luce della nuove Linee Guida europee sul tema, è auspicabile sia introdotta in Italia almeno con lo stesso livello di protezione garantito negli altri Paesi.

· Efficienza Energetica nell’industria: potenzialità e criticità; quali aspettative per il Decreto MISE (revisione CB + obiettivi 2021-2024)?

Questo è uno dei temi che mi sta più a cuore; temo che in questi anni si siano perse delle opportunità e che si debba urgentemente correggere il tiro. L’efficienza energetica è indispensabile per l’industria e ancor più per gli energivori. La storia dei CB dimostra che il maggior contributore al miglioramento dell’efficienza è stata l’industria e con un rapporto costi/benefici largamente migliore di quello di altri strumenti incentivanti. Esiste ancora un grande potenziale che però, soprattutto in una fase difficile come quella che ci apprestiamo ad affrontare, ha bisogno di corretti meccanismi di incentivazione per liberare le risorse necessarie. AICEP ha da sempre partecipato in maniera attiva e propositiva al dibattito sui possibili interventi di rilancio dei CB. In estrema sintesi: apertura a nuove tipologie di interventi, approccio più costruttivo del GSE con risorse e competenze espressamente dedicate ai progetti industriali complessi, creazione di una sorta di “riserva di stabilità” per mantenere il corretto equilibrio domanda/offerta sul lungo periodo nel rispetto di criteri di mercato.

Nell’immediato, per rilanciare gli investimenti nella fase di difficile uscita dalla crisi COVID, è necessario riaffermare la parziale cumulabilità dei CB con il credito d’imposta Industria 4.0  – nella stessa logica dei previgenti super e iper ammortamento – e introdurre, per un periodo di 2/3 anni un moltiplicatore dei TEE generati che abbia effetto boosting sul sistema contribuendo tra l’altro  al riequilibrio del mercato.

Già questi soli interventi riattiverebbero attenzione, interesse e fiducia nel meccanismo.

· La Governace GSE è stato un punto molto discusso in questi mesi, qual è il vs punto di vista?

Ciò che sta accadendo al GSE è quanto meno sconcertante.

Tutti, a livello UE e nazionale, citano quale prima leva per il rilancio il green deal e la transizione energetica. Il GSE ha un ruolo centrale per la gestione e la buona riuscita del processo; per quale motivo e nell’interesse di chi allora non si affronta e risolve il problema della grave crisi di governance che sta attraversando?

Non vorrei dover pensare che, nonostante la drammatica situazione sociale ed economica che stiamo affrontando e che si prospetta per i prossimi mesi, prevalgano ancora logiche di spartizione.

La prima fase delle nuove nomine aveva creato grandi aspettative e lasciava presagire un cambio di prospettiva. Ora è necessario al più presto risolvere la situazione di stallo e ricreare un quadro di certezze indispensabili sia per le strutture interne del GSE sia per gli operatori del settore; troppi e troppo importanti sono i temi e le criticità da affrontare per non accumulare ritardi non recuperabili.

· Sviluppo dell’idrogeno: fino a qualche tempo fa se ne parlava come una cosa del futuro, ora la Ue (e la Germania in particolare) stanno accelerando. Quale ruolo per l’industria italiana?

È un tema estremamente complesso su cui è difficile avere una visione chiara e univoca. Oggi è sicuramente al centro dell’attenzione generale anche se spesso, a livello comunicativo, si confondono le tematiche dell’uso dell’idrogeno, e in particolare dell’idrogeno “green”, nella mobilità, quale “materia prima” di processi industriali, come vettore energetico o infine come “magazzino” di energia da trasferire nello spazio o nel tempo. Ciascuno di questi aspetti presenta opportunità, criticità e prospettive tecnico-economiche diverse.

L’attuale “effetto moda” un po’ mi preoccupa perché non vorrei diventasse l’alibi per non prendere decisioni in altri ambiti.

Di una cosa sono convinto: sarebbe opportuno cercare un approccio quanto più possibile “europeo” anche attraverso progetti finanziati e incentivati a livello comunitario; temo che l’Italia da sola, nonostante le straordinarie competenze di cui dispone, rischi di partire tardi e con poche risorse da mettere sul tavolo, con la conseguenza di perdere una ulteriore occasione per avere un ruolo da protagonista.

· Nuove iniziative EU: Climate Law, Revisione Target 2030, Industrial Strategy; attenzione a coerenza, competitività, costi complessivi e monitoraggio

Il ruolo di indirizzo della UE nella transizione energetica e nella decarbonizzazione è centrale perché l’approccio deve essere globale e coordinato anche nei confronti degli altri grandi interlocutori internazionali (a cominciare da USA e Cina) la cui collaborazione è indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi. È giusto che l’Europa, per storia, cultura, solidità e maturità del sistema socio-economico, abbia un ruolo guida, ma non può procedere da sola se non a rischio di costi enormi per risultati globalmente non significativi.

Tirare verso l’alto obiettivi e ambizioni ha avuto un senso, ma ora si dovrebbe smettere di inseguire la fissazione di target sempre più elevati e cominciare a concentrare le attenzioni su percorsi, strumenti ed azioni.

AICEP sta seguendo e partecipando al processo di implementazione del Green Deal a livello europeo tramite l’Associazione europea IFIEC e ci piacerebbe assistere ad un maggiore dibattito su questi temi anche in Italia con un più diretto e facile confronto tra gli stakeholders nazionali e i nostri rappresentanti a Bruxelles; altri Paesi in questo sono organizzati molto meglio di noi e ne traggono vantaggi.

Il fatto ad esempio che Carlo Calenda sia stato nominato Rapporteur per la Commissione Parlamentare ITRE per la proposta di Strategia Industriale è una grande opportunità che dovremo cogliere e valorizzare.

Sul tema specifico siamo stati un po’ delusi che l’attuale proposta della Commissione parli molto poco di competitività e praticamente nulla di relazione tra transizione energetica e sviluppo industriale; manca inoltre completamente la fissazione di target che facciano da riferimento per le politiche di lungo periodo.

Un altro aspetto che sarebbe necessario coordinare meglio tra le varie direttrici del Green Deal e della conseguente Climate Law è la necessaria attenzione per i settori soggetti a carbon leakage; l’incremento delle ambizioni e dei target deve essere accompagnato da un progressivo adeguamento dei meccanismi di protezione e in particolare dal rafforzamento del ETS.

Più in generale insistiamo da tempo sulla necessità di prevedere, almeno a livello italiano, un meccanismo di monitoraggio dei costi complessivi della transizione che aiuti a responsabilizzare tutti gli attori del processo e dia un indirizzo di riferimento univoco.