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ARERA: AUDIZIONI PERIODICHE 2020 I SERVIZI PUBBLICI E L’EMERGENZA CORONAVIRUS

Milano, 22-23 luglio 2020

AICEP – Associazione Italiana Consumatori Energia di Processo – intende innanzi tutto ringraziare il Presidente e la Consiliatura dell’Autorità per l’importante occasione di confronto rappresentata dalle Audizioni periodiche.

In considerazione della situazione di straordinaria emergenza che il Paese sta affrontando, l’Autorità ha inteso concentrare la propria attenzione sugli effetti sociali, economici e ambientali che questa ha prodotto nei settori dell’energia, del gas, dell’acqua e dei rifiuti e di valutare le aree di intervento prioritarie, per importanza ed urgenza. Si tratta di un tema di particolare rilevanza ed interesse per il mondo industriale ed in particolare per l’industria ad alta intensità energetica che deve confrontarsi con una congiuntura e delle prospettive economiche estremamente difficili in una fase di profonda trasformazione dei sistemi e dei mercati energetici.

L’ampiezza, la profondità e la durata delle conseguenze socioeconomiche dell’emergenza coronavirus non sono ancora completamente valutabili ma è certo che determinano la necessità di una completa revisione dell’agenda delle priorità e di una serie di interventi straordinari. È però necessario evitare un approccio puramente emergenziale poiché la crisi ha carattere assolutamente globale e ha messo in evidenza debolezze e criticità sistemiche per cui le azioni immediate di reazione e contrasto devono essere inquadrate in un progetto e in una strategia di ampio respiro e in una visione di lungo termine inserendosi nel solco di processi di trasformazione già in atto.

L’industria italiana per affrontare adeguatamente la crisi ha necessità di due condizioni di base fondamentali: la difesa, o meglio l’incremento, della propria competitività e la possibilità di sviluppare adeguati piani di investimento. La competitività è indispensabile per mantenere le posizioni su mercati internazionali sempre più concorrenziali evitando il rischio di delocalizzazione e di depauperamento del nostro patrimonio produttivo e di competenze per essere poi pronti a beneficiare dell’auspicata ripresa; gli investimenti, oltre a rappresentare la leva principale per riattivare il volano della crescita, sono necessari per non perdere uno step tecnologico in una fase di profonda trasformazione. Entrambi questi aspetti, in particolare per le attività ad alta intensità energetica, sono strettamente correlati ai processi di decarbonizzazione ed alla conseguente transizione energetica.

In linea generale, e per quanto attiene le tematiche energetiche, riteniamo che l’impatto della pandemia e della conseguente crisi economica comporti la necessità di:

  • Concentrare le attenzioni e le priorità sull’attivazione e la realizzazione di percorsi, strumenti ed azioni piuttosto che ad un continuo e progressivo aumento delle ambizioni e dei target che rischia di creare un clima di indeterminatezza ed un alibi per il rinvio di decisioni e politiche attive che sono invece urgenti.
  • Aumentare l’attenzione ai costi complessivi di sistema della decarbonizzazione e della transizione energetica che debbono sì essere realizzate, ma “al minor costo possibile per la società”. A questo proposito AICEP da tempo propone la creazione di un sistema indipendente, aperto e trasparente per il monitoraggio dei costi complessivi della transizione energetica e della allocazione degli stessi tra le varie categorie di attori del sistema al fine di meglio indirizzare le strategie e le azioni che dovranno susseguirsi in tempi molto lunghi con indispensabili momenti di verifica e adeguamento.

All’interno del quadro di contesto così delineato e con riferimento più specifico agli ambiti di intervento dell’Autorità, attiriamo l’attenzione sulle seguenti tematiche:

Efficienza Energetica e flessibilità della domanda nell’industria

La riduzione dei consumi e l’uso efficiente e razionale dell’energia sono due abilitatori fondamentali del processo di decarbonizzazione; il miglioramento dell’efficienza energetica industriale e la partecipazione flessibile della domanda presentano numerosi aspetti positivi comuni e sinergici tra loro:

  • Sono veicoli di competitività e strumenti di creazione di cultura della qualità dei processi (e prodotti), di utilizzo razionale delle risorse, di innovazione tecnologica
  • Sono le sole “fonti energetiche” a emissioni zero e a impatto ambientale e occupazione di suolo nulli
  • Se adeguatamente attivati presentano un rapporto costi/benefici molto favorevole

Lo sviluppo dell’efficienza energetica in ambito industriale rappresenta un’opportunità straordinaria per favorire la ripresa nel periodo post emergenziale.

Nel breve periodo (12 – 36 mesi) può essere veicolo di stimolo per la realizzazione di investimenti caratterizzati tra l’altro da forte contenuto innovativo e tecnologico, ricorso prevalente a tecnologia, produzione e competenze nazionali, pervasività su una filiera lunga e diffusa sul territorio.

Nel medio periodo (2 – 5 anni) potrà rappresentare un elemento di competitività per le imprese industriali italiane mettendole nelle migliori condizioni per recuperare quote di mercato anche a livello internazionale.

Nel lungo periodo (5-10 anni) metterà nelle condizioni di impostare e realizzare le politiche dirette al raggiungimento degli obiettivi climatico-ambientali partendo da una base solida e consolidata che permetterà scelte più oculate ed efficienti in termini di costi-benefici per il sistema.

Lo stimolo, il supporto e l’incentivazione di programmi e investimenti in efficienza energetica è pertanto quanto mai prioritario in questo periodo e ciò può essere reso possibile tramite il rilancio e l’adeguamento di strumenti già esistenti quali il meccanismo dei Certificati Bianchi che, se correttamente gestito, ha dato prova negli anni passati di un ottimo grado di efficacia e efficienza anche in termini di costo per TEP di consumo evitato.

AICEP ha in più occasioni, anche in collaborazione con altre Associazioni, proposto misure correttive al meccanismo dirette a superarne le criticità più evidenti alcune delle quali presuppongono un ruolo più ampio di codesta Autorità nella gestione del meccanismo. Tra le altre segnaliamo quelle che appaiono di più rapida efficacia per un rilancio degli investimenti in ambito di efficienza industriale:

  1. Semplificazione nel processo di aggiornamento dell’elenco dei progetti ammissibili che, allo stato attuale prevede una procedura che spesso ha tempi non coerenti con le esigenze connesse alla realizzazione di un investimento industriale su linee di produzione che presentano vincoli tecnici e organizzativi stringenti.
  2. Ammissibilità di progetti finanziati con contratti di leasing o altre forme di noleggio operativo di lungo termine.
  3. Superamento della non cumulabilità con il credito d’imposta sugli investimenti introdotto con la Legge Finanziaria 2020.
  4. Istituzione presso il GSE di una funzione specificamente dedicata alla promozione di progetti di efficienza energetica industriale di grandi dimensioni
  5. Introduzione di sistemi di regolazione della domanda nella responsabilità di un soggetto autonomo ed indipendente che, in base a criteri trasparenti e definiti a priori, possa intervenire per modulare la domanda ricorrendo ad una Riserva di stabilità.

Questi interventi dovrebbero realizzarsi con frequenze adeguate e predefinite sulla base della valutazione del potenziale di offerta futura generabile dai progetti approvati o in fase di approvazione. L’obiettivo della regolazione dovrebbe essere quello di mantenere il prezzo dei TEE entro una forchetta sufficientemente ampia da rispettare le caratteristiche di un mercato libero, ma tale da non superare un Cap al di là del quale il costo del sistema diventerebbe eccessivo e da non scendere sotto ad un floor che rappresenti un incentivo sufficiente per la realizzazione dei progetti più efficienti.

Gli interventi di modulazione dovrebbero inoltre essere effettuati con un anticipo sufficiente da indurre il mercato ad autoregolarsi in previsione del prevedibile intervento all’avvicinarsi del prezzo ad uno dei due limiti definiti. In tale scenario si creerebbero anche le condizioni per lo sviluppo di un mercato a termine dei TEE che sarebbe un ulteriore elemento di stabilizzazione dei prezzi e di segnali per gli interventi di modulazione della domanda tramite la riserva di stabilità

f)             Potenziamento del Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica tramite l’adeguamento dei fondi disponibili e la semplificazione delle procedure di accesso che dovrebbero prevedere la valutazione tecnica positiva automatica in caso di ammissione del progetto da parte del GSE al riconoscimento dei Certificati Bianchi e la valutazione del merito economico e finanziario del richiedente con criteri semplificati corrispondenti a quelli introdotti nel recente “Decreto Liquidità”

Si dovrebbe inoltre intervenire con misure urgenti e di breve periodo dirette a neutralizzare gli effetti negativi che il periodo di forte rallentamento o di arresto della attività possono aver determinato sull’andamento dei progetti già attivi o in corso di realizzazione: riduzione dei TEE generati nelle rendicontazioni affette da riduzioni o blocchi dell’attività, gestione dei cronoprogrammi di progetto, individuazione della data di avvio dei lavori.

Sul tema della partecipazione flessibile della domanda (industriale) si deve sottolineare che si tratta di una importante risorsa per il sistema e di una opportunità di competitività per chi la rende disponibile.

Per molti processi industriali la sua attivazione presenta notevoli complessità e limiti tecnologici che richiedono interventi strutturali sugli impianti, sul processo, sull’organizzazione del lavoro e dei flussi logistici. Queste criticità sono confermate dalla limitata partecipazione del consumo industriale ai progetti pilota introdotti con la Delibera 300/2017.

D’altra parte un adeguato sviluppo della partecipazione della domanda presenta una serie di effetti positivi su sicurezza, adeguatezza e efficienza del sistema, particolarmente importanti in ottica di sviluppo della generazione distribuita da FER non programmabili.

Affinché la partecipazione della domanda ai mercati dei servizi elettrici possa assumere una rilevanza significativa per il sistema, contribuire a ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili e diventare un effettivo strumento nella strategia energetica dei consumatori industriali riteniamo necessario:

  1. Strutturare i meccanismi di partecipazione su criteri di remunerazione della disponibilità e allocazioni competitive di medio-lungo periodo in modo da creare segnali di prezzo per la realizzazione di investimenti che richiedono importanti risorse finanziarie e che vincolano le scelte produttive per l’intera durata di vita degli impianti
  2. Accelerare l’introduzione del nuovo TIDE ed il recepimento della Direttiva e del Regolamento EU sul Disegno di Mercato Elettrico che prefigurano una struttura del mercato elettrico e dei servizi adeguato alla partecipazione, sia in forma autonoma che in forma aggregata, della domanda industriale.

Resta un punto fondamentale la partecipazione su basi volontarie e non discriminatorie che non penalizzi quei processi o quelle realtà industriali che, per limiti tecnologici o per durata di vita tecnica degli impianti, non abbiano la possibilità di mettere a disposizione delle risorse a condizioni competitive.

Sviluppo e integrazione della generazione da fonti rinnovabili

Gli obiettivi definiti dal Clean Energy Package EU e ripresi nella definizione del PNIEC – e a maggior ragione le maggiori ambizioni proposte dalla nuova Commissione EU con il EU Green Deal e il pacchetto di iniziative ad esso collegate – presuppongono la realizzazione di nuovi impianti di generazione FER con un tasso di sviluppo medio per il prossimo decennio fortemente superiore a quello conosciuto negli ultimi anni.

Le misure indicate nel PNIEC, alcune delle quali già in fase di attuazione tramite il Decreto FER1 e l’introduzione di nuove forme di autoconsumo con le Comunità Energetiche, non sembrano assolutamente sufficienti a stimolare la realizzazione di capacità di generazione adeguate alle necessità.

Si pone inoltre una problematica di incidenza sui costi complessivi di sistema poiché una crescita non coordinata e correttamente integrata e regolata rischia di avere effetti dirompenti sui costi di rete, di dispacciamento e bilanciamento e sugli interventi necessari per garantire sicurezza e adeguatezza del sistema. Quanto verificatosi sugli oneri di dispacciamento e conseguentemente sulle tariffe uplift in questi mesi è stato un evidente campanello di allarme rispetto ai possibili scenari che si dovranno affrontare con la progressiva crescita della quota di FER non programmabili.

La difesa della competitività del sistema industriale italiano passa attraverso dei criteri di sviluppo ed integrazione della nuova generazione rinnovabile che sia in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi ambientali a costi complessivi sostenibili e competitivi. Lo sviluppo dovrà quindi tenere conto, sulla base di approfondite analisi preventive, degli impatti sui costi complessivi di generazione, sugli investimenti necessari all’adeguamento delle reti e sull’insieme dei costi di dispacciamento.

                Lo sviluppo delle Comunità Energetiche e dell’autoconsumo collettivo aperto con il Decreto Milleproroghe 2019 che anticipa il recepimento della Direttiva EU 2018/2001 riguarda essenzialmente il mondo del consumo domestico e commerciale di piccole/medie dimensioni. Si tratta sicuramente di uno degli strumenti necessari per favorire la crescita della generazione da FER accompagnato da indubbi vantaggi anche dal punto di vista della costruzione di una cultura e di una sensibilità “green” diffusa e reale che dimostri la possibilità della partecipazione condivisa e della coesistenza tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica.

Rispetto alle scelte sui possibili modelli dei sistemi di autoconsumo collettivo riteniamo che siano da privilegiare forme che prevedano:

  • incentivi espliciti che rendano la quantificazione dei costi/benefici per il singolo, per la collettività e per il sistema, prevedibile, misurabile e monitorabile nel tempo;
  • l’utilizzo, quando disponibili, delle reti esistenti tramite modelli virtuali che non comportino inutili duplicazioni di costi di infrastrutture che, direttamente o indirettamente, andrebbero a ridurre la competitività complessiva del sistema;
  • l’adozione di tariffe di rete basate su criteri cost reflective che possano valorizzare gli effettivi benefici apportati al sistema.

L’autoconsumo collettivo peraltro non può rappresentare, in termini di capacità ed energia generata, l’asse principale di sviluppo per il perseguimento degli obiettivi al 2030 e al 2050. È necessario creare le condizioni per il rilancio di investimenti nella realizzazione di impianti utility scale in grado tra l’altro di garantire dei costi complessivi di generazione (LCOE) certamente più competitivi dei piccoli impianti distribuiti.

                A tal fine riteniamo che il recepimento della Direttiva UE 2018/2001 RED2 dovrebbe prendere in considerazione i seguenti aspetti:

  • L’adeguato indirizzo, in una logica complessiva di mercato, nella localizzazione dei nuovi impianti di generazione tramite l’introduzione del burden sharing regionale (anche per ridurre le criticità legate all’accettazione da parte della comunità locali) e della localizzazione dei contingenti delle aste FER. Ciò permetterebbe uno sviluppo coerente con i limiti ed il progressivo adeguamento delle reti di trasmissione e distribuzione.
  • La realizzazione di approfondite analisi preventive dei vari scenari di sviluppo con una attenta analisi degli impatti sui costi complessivi del sistema elettrico in grado di indirizzare le scelte strategiche verso i percorsi più efficienti.
  • La creazione di un sistema di monitoraggio del costo complessivo della transizione energetica affidato ad unsoggetto autonomo ed indipendente che affianchi il sistema di monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi.
  • Il superamento dell’attuale fase di incertezza determinata, alla luce di quanto previsto dal Decreto FER1 del luglio 2019, dalla coesistenza di un sistema di incentivazione pubblica (per impianti con determinate caratteristiche che permettono l’accesso alle aste) e di un sistema di mercato (impianti non ammissibili alle aste e ricorso ai PPA). Tale coesistenza crea un evidente disparità nel profilo di rischio per chi sviluppa, gestisce e finanzia i nuovi impianti generando una distorsione del mercato che tende a indurre posizioni attendiste nella prospettiva di una apertura del sostegno pubblico anche per i progetti attualmente esclusi dal meccanismo di incentivazione. Ciò determina un forte rallentamento nello sviluppo dei progetti giustificato anche dalle ben note difficoltà nei processi autorizzativi soprattutto per i grandi impianti su aree agricole.

Per garantire una traiettoria di sviluppo coerente con le previsioni del PNIEC (o addirittura superiore alla luce della possibile revisione degli obiettivi al 2030) è necessaria una scelta chiara tra il sistema delle aste con tariffa incentivante (con garanzia pubblica) e il sistema del mercato libero.

In questa ottica riteniamo che un ampliamento del sistema delle aste possa essere una soluzione efficace a condizione che:

. sia aperto alla partecipazione di impianti su terreni agricoli;

. le procedure autorizzative siano semplificate e rese più certe nei tempi per garantire una ampia partecipazione alle procedure di assegnazione;

. i meccanismi di assegnazione rispondano a logiche di mercato competitivo.

Rimarrebbe comunque aperta l’opzione di investimenti “a mercato” con possibile ricorso a contratti di lungo periodo tra parti private (PPA) lasciati alla libera contrattazione tra le parti.

La competitività complessiva del sistema elettrico deve rimanere un elemento fondamentale nella valutazione delle strategie e degli strumenti di realizzazione dei piani di sviluppo della generazione da fonti rinnovabili. Solo in tal modo sarà possibile preservare la competitività della struttura industriale del Paese. Per garantire il proprio contributo alla riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti ed alla decarbonizzazione del sistema l’industria necessita di trasformazioni tecnologiche, ricerca, investimenti che debbono essere supportati da un approvvigionamento di elettricità decarbonizzata sicuro, affidabile e a costi competitivi.

Gli investimenti ed i maggiori costi conseguenti all’aumento della quota di generazione da fonti rinnovabili rispondono a interessi collettivi generali e quindi non possono ricadere solamente sui consumatori elettrici anche per evitare la disincentivazione dei processi di elettrificazione.

Strumenti di supporto alla competitività delle industrie ad alta intensità energetica

L’industria ad alta intensità energetica italiana deve storicamente affrontare un gap competitivo rispetto ai principali concorrenti EU ed extra EU a causa dei costi energetici strutturalmente più elevati.

Questo svantaggio competitivo viene parzialmente compensato da un elevato livello di efficienza nei consumi e dal miglioramento dei processi interni, con investimenti, innovazione, know how, crescita delle risorse umane e dell’efficienza dei processi, ma rende necessario un quadro di sistema – infrastrutturale, normativo, regolatorio – che metta le imprese italiane almeno allo stesso livello dei concorrenti internazionali. I costi energetici sono un elemento centrale della loro strategia e delle loro scelte di sviluppo e i settori energivori producono beni (materiali di base, prodotti per le costruzioni, imballi, materie prime) indispensabili per la competitività di molte filiere industriali di fondamentale importanza per l’economia italiana.

Nel tempo sono stati introdotti nel sistema degli strumenti che a fronte di fornitura di servizi indispensabili per la sicurezza e adeguatezza (interrompibilità istantanea), di importanti impegni finanziari per lo sviluppo di infrastrutture rientranti nei “Projects of Common Interest EU” e necessarie per la realizzazione di un mercato integrato EU (interconnector) o di scelte di politica industriale coerenti con le Direttive e Linee Guida EU e allineate a quelle degli altri principali Stati Membri (agevolazioni energivori), permettono di ridurre il gap competitivo che altrimenti risulterebbe troppo penalizzante.

In un momento di forte criticità per i mercati internazionali un segnale chiaro di stabilità e visibilità sul medio/lungo termine di questi interventi appare assolutamente necessario per eliminare un ulteriore elemento di incertezza nello sviluppo dei piani industriali e di investimento e per mantenere l’attrattività del mercato italiano per gli investitori stranieri.

Staffetta Luglio 2020

· Il rimborso delle addizionali accise è diventato un tema di scontro tra imprese e governo, come crede finirà? 

La vicenda delle addizionali accise non è certamente il principale problema del mondo imprenditoriale, ma è paradigmatica dei limiti e delle debolezze che affliggono il “sistema Italia” e che non si è in grado di risolvere (o forse non ci si mette volontà sufficiente) anche quando sarebbe abbastanza semplice.

Per ufficializzare in maniera definitiva ciò che si sapeva fin da subito, e cioè che le addizionali erano state indebitamente richieste, abbiamo dovuto attendere 10 anni ed ora che il diritto al rimborso è indiscutibile si scopre che ottenerlo sarà quasi impossibile e comunque richiederà ulteriori estenuanti e costosissimi contenziosi, peraltro spesso tra soggetti, consumatori e fornitori sostituti d’imposta, che nel caso specifico stanno dalla stessa parte della barricata.

Fa male pensare che impatti avrebbero potuto avere in 10 anni su consumi, investimenti, nuovi progetti, opportunità di lavoro, 3,4 miliardi nella disponibilità di sistema produttivo e cittadini.

Il fatto poi, che tutto questo accada in un momento in cui il Governo, con meritevole ed enorme impegno, stia cercando disperatamente di mettere insieme il Decreto Rilancio e il Decreto Semplificazioni, renderebbe la situazione addirittura farsesca se dietro, purtroppo, non ci fossero migliaia di imprese in difficoltà e milioni di posti di lavoro a rischio.

Urge un intervento che renda immediato ed estremamente semplice il rimborso di quanto indebitamente pagato dai consumatori, magari anche tramite un meccanismo di riconoscimento di un credito fiscale immediatamente compensabile. Sarebbe un primo chiaro segnale che lo Stato vuole realmente ricostruire un rapporto diverso con la collettività a cominciare dalla corretta gestione dei pagamenti della PA.

· Il valore dell’uplift è esploso negli ultimi mesi, è solo un promemoria del costo della transizione energetica o c’è dell’altro?

Non voglio entrare nella diatriba tra produttori e trader per stabilire se ci siano, e da parte di chi, comportamenti speculativi che influiscono sull’andamento dell’uplift; le Autorità competenti sapranno sicuramente chiarire questi aspetti. Mi preme maggiormente sottolineare che l’esplosione dei costi di dispacciamento è certamente dovuta al forte aumento della quota di generazione da FER non programmabili unite alle attuali regole di priorità di dispacciamento e di esclusione dalla responsabilità di bilanciamento; siamo quindi di fronte all’anticipazione di quello che ci aspetta nei prossimi anni e a cui il sistema dovrà prepararsi adeguatamente. Illudersi che la transizione energetica, assolutamente necessaria e da perseguire senza incertezze, sia una passeggiata a basso costo è pericoloso e totalmente fuorviante; purtroppo però spesso è questo il messaggio che viene veicolato al grande pubblico. Sarebbe invece opportuno preparare la collettività con una informazione corretta e responsabile in modo che ciascuno possa partecipare attivamente e responsabilmente al cambiamento.

Sul tema specifico e nell’immediato penso si debba operare per utilizzare tutte le risorse disponibili per diluire nel tempo lo shock tariffario, cosa che ARERA sta già attuando per gli oneri generali di sistema.

· Gli strumenti normativi a sostegno degli energivori stanno evolvendo tra meccanismi storici (interrompibilità, interconnector), nuove opportunità (Uvam) (?) e prossimi futuri (decreto gasivori, interrompibilità gas). Quali prospettive?

I settori energivori sono alla continua ricerca di competitività per garantirsi il futuro su mercati sempre più ampi, complessi e concorrenziali e la cercano innanzi tutto nei propri processi interni, con investimenti, innovazione, know how, crescita delle risorse umane e dell’efficienza dei processi, e a seguire in un quadro di sistema – infrastrutturale, normativo, regolatorio – che le metta almeno allo stesso livello dei concorrenti internazionali. I costi energetici sono un elemento centrale della loro strategia e delle loro scelte di sviluppo. Si deve inoltre tenere conto che i settori energivori producono beni (materiali di base, prodotti per le costruzioni, imballi, materie prime) indispensabili per la competitività di molte filiere industriale di fondamentale importanza per l’economia italiana.

Nonostante le misure già in vigore, che presuppongono peraltro importanti impegni finanziari o disponibilità a servizi indispensabili per il sistema, il costo dell’energia per i grandi consumatori italiani resta comunque strutturalmente superiore a quello sostenuto dai principali competitors, per esempio tedeschi o francesi.

Ognuno dei meccanismi che avete citato risponde ad esigenze ed obiettivi diversi, essenziale è avere un quadro chiaro e con una visibilità sufficiente a supportare delle strategie di lungo periodo. Credo che su interrompibilità e interconnector ci sia ormai una certa condivisione da parte dei decisori, e la partita su interventi gas resta aperta e da sviluppare, anche in questo caso in una logica di competitività e di approfondita analisi costi-benefici per il sistema industriale e lo sviluppo del Paese.

Per quanto riguarda le UVAM e più in generale la partecipazione della domanda, la flessibilità è una risorsa importantissima ma di non facile attivazione per molti processi industriali; sono necessari criteri di remunerazione della disponibilità che diano segnali di medio-lungo periodo per interventi su tecnologia, processi e organizzazione spesso molto complessi.

Resta poi aperto il tema della compensazione degli oneri indiretti ETS che, anche alla luce della nuove Linee Guida europee sul tema, è auspicabile sia introdotta in Italia almeno con lo stesso livello di protezione garantito negli altri Paesi.

· Efficienza Energetica nell’industria: potenzialità e criticità; quali aspettative per il Decreto MISE (revisione CB + obiettivi 2021-2024)?

Questo è uno dei temi che mi sta più a cuore; temo che in questi anni si siano perse delle opportunità e che si debba urgentemente correggere il tiro. L’efficienza energetica è indispensabile per l’industria e ancor più per gli energivori. La storia dei CB dimostra che il maggior contributore al miglioramento dell’efficienza è stata l’industria e con un rapporto costi/benefici largamente migliore di quello di altri strumenti incentivanti. Esiste ancora un grande potenziale che però, soprattutto in una fase difficile come quella che ci apprestiamo ad affrontare, ha bisogno di corretti meccanismi di incentivazione per liberare le risorse necessarie. AICEP ha da sempre partecipato in maniera attiva e propositiva al dibattito sui possibili interventi di rilancio dei CB. In estrema sintesi: apertura a nuove tipologie di interventi, approccio più costruttivo del GSE con risorse e competenze espressamente dedicate ai progetti industriali complessi, creazione di una sorta di “riserva di stabilità” per mantenere il corretto equilibrio domanda/offerta sul lungo periodo nel rispetto di criteri di mercato.

Nell’immediato, per rilanciare gli investimenti nella fase di difficile uscita dalla crisi COVID, è necessario riaffermare la parziale cumulabilità dei CB con il credito d’imposta Industria 4.0  – nella stessa logica dei previgenti super e iper ammortamento – e introdurre, per un periodo di 2/3 anni un moltiplicatore dei TEE generati che abbia effetto boosting sul sistema contribuendo tra l’altro  al riequilibrio del mercato.

Già questi soli interventi riattiverebbero attenzione, interesse e fiducia nel meccanismo.

· La Governace GSE è stato un punto molto discusso in questi mesi, qual è il vs punto di vista?

Ciò che sta accadendo al GSE è quanto meno sconcertante.

Tutti, a livello UE e nazionale, citano quale prima leva per il rilancio il green deal e la transizione energetica. Il GSE ha un ruolo centrale per la gestione e la buona riuscita del processo; per quale motivo e nell’interesse di chi allora non si affronta e risolve il problema della grave crisi di governance che sta attraversando?

Non vorrei dover pensare che, nonostante la drammatica situazione sociale ed economica che stiamo affrontando e che si prospetta per i prossimi mesi, prevalgano ancora logiche di spartizione.

La prima fase delle nuove nomine aveva creato grandi aspettative e lasciava presagire un cambio di prospettiva. Ora è necessario al più presto risolvere la situazione di stallo e ricreare un quadro di certezze indispensabili sia per le strutture interne del GSE sia per gli operatori del settore; troppi e troppo importanti sono i temi e le criticità da affrontare per non accumulare ritardi non recuperabili.

· Sviluppo dell’idrogeno: fino a qualche tempo fa se ne parlava come una cosa del futuro, ora la Ue (e la Germania in particolare) stanno accelerando. Quale ruolo per l’industria italiana?

È un tema estremamente complesso su cui è difficile avere una visione chiara e univoca. Oggi è sicuramente al centro dell’attenzione generale anche se spesso, a livello comunicativo, si confondono le tematiche dell’uso dell’idrogeno, e in particolare dell’idrogeno “green”, nella mobilità, quale “materia prima” di processi industriali, come vettore energetico o infine come “magazzino” di energia da trasferire nello spazio o nel tempo. Ciascuno di questi aspetti presenta opportunità, criticità e prospettive tecnico-economiche diverse.

L’attuale “effetto moda” un po’ mi preoccupa perché non vorrei diventasse l’alibi per non prendere decisioni in altri ambiti.

Di una cosa sono convinto: sarebbe opportuno cercare un approccio quanto più possibile “europeo” anche attraverso progetti finanziati e incentivati a livello comunitario; temo che l’Italia da sola, nonostante le straordinarie competenze di cui dispone, rischi di partire tardi e con poche risorse da mettere sul tavolo, con la conseguenza di perdere una ulteriore occasione per avere un ruolo da protagonista.

· Nuove iniziative EU: Climate Law, Revisione Target 2030, Industrial Strategy; attenzione a coerenza, competitività, costi complessivi e monitoraggio

Il ruolo di indirizzo della UE nella transizione energetica e nella decarbonizzazione è centrale perché l’approccio deve essere globale e coordinato anche nei confronti degli altri grandi interlocutori internazionali (a cominciare da USA e Cina) la cui collaborazione è indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi. È giusto che l’Europa, per storia, cultura, solidità e maturità del sistema socio-economico, abbia un ruolo guida, ma non può procedere da sola se non a rischio di costi enormi per risultati globalmente non significativi.

Tirare verso l’alto obiettivi e ambizioni ha avuto un senso, ma ora si dovrebbe smettere di inseguire la fissazione di target sempre più elevati e cominciare a concentrare le attenzioni su percorsi, strumenti ed azioni.

AICEP sta seguendo e partecipando al processo di implementazione del Green Deal a livello europeo tramite l’Associazione europea IFIEC e ci piacerebbe assistere ad un maggiore dibattito su questi temi anche in Italia con un più diretto e facile confronto tra gli stakeholders nazionali e i nostri rappresentanti a Bruxelles; altri Paesi in questo sono organizzati molto meglio di noi e ne traggono vantaggi.

Il fatto ad esempio che Carlo Calenda sia stato nominato Rapporteur per la Commissione Parlamentare ITRE per la proposta di Strategia Industriale è una grande opportunità che dovremo cogliere e valorizzare.

Sul tema specifico siamo stati un po’ delusi che l’attuale proposta della Commissione parli molto poco di competitività e praticamente nulla di relazione tra transizione energetica e sviluppo industriale; manca inoltre completamente la fissazione di target che facciano da riferimento per le politiche di lungo periodo.

Un altro aspetto che sarebbe necessario coordinare meglio tra le varie direttrici del Green Deal e della conseguente Climate Law è la necessaria attenzione per i settori soggetti a carbon leakage; l’incremento delle ambizioni e dei target deve essere accompagnato da un progressivo adeguamento dei meccanismi di protezione e in particolare dal rafforzamento del ETS.

Più in generale insistiamo da tempo sulla necessità di prevedere, almeno a livello italiano, un meccanismo di monitoraggio dei costi complessivi della transizione che aiuti a responsabilizzare tutti gli attori del processo e dia un indirizzo di riferimento univoco.

Risposta La Staffetta Controlli CB 07 05 2020

Milano, 7 maggio 2020

Alla cortese attenzione del
Direttore Responsabile della Staffetta Quotidiana Dott. Gabriele Masini

e, p.c. al
Vicedirettore Dott. Gionata Picchio

Gentile Direttore,
sono un operatore del settore energetico e quindi da molto tempo leggo con interesse ed attenzione la Staffetta Quotidiana di cui ho sempre apprezzato la capacità di fornire una informazione completa, affidabile, competente e credibile. Proprio queste qualità hanno reso il vostro giornale un riferimento per il settore e le notizie che vi compaiono sono considerate a priori, e a ragione, di per sé corrette e verificate; spesso vengono anche riprese da testate giornalistiche più generaliste e quindi destinate ad un pubblico che, non avendo una competenza specifica, tende a farsi attirare dalla estrema sintesi del titolo senza la possibilità di approfondire o di analizzare meglio i contenuti.

Le indubbie e riconosciute qualità de La Staffetta la pongono però anche nella condizione di avere una particolare responsabilità perché ciò che viene pubblicato è considerato “vero” per definizione e quindi è necessaria ancora maggiore attenzione per evitare messaggi che possano essere fuorvianti o male interpretati.

Sono stato profondamente colpito dal messaggio Twitter da Lei trasmesso questa mattina e dall’articolo apparso sulla rassegna notizie odierna in cui ha fatto una breve presentazione del Rapporto GSE 2019 soffermandosi sul dato del 97% di esiti negativi nei controlli sui progetti di efficienza energetica che hanno beneficiato di Certificati Bianchi e sintetizzando che “il sistema dei Certificati Bianchi è sostanzialmente marcio”.

Ritengo che sarebbe stato opportuno completare l’informazione accennando a quanto è stato chiarito dallo stesso rappresentante del GSE che ha riportato il dato, vale a dire che la quasi totalità dei controlli negativi ha riguardato le “vecchie” (in quanto sono state modificate con l’introduzione dei DM correttivi del 2017 e 2018) schede Standard.

Ci sarebbe poi da precisare ulteriormente quanto il rappresentante del GSE, a causa dei tempi ristretti della presentazione, non ha potuto illustrare e cioè che in molti casi l’esito negativo è dovuto al fatto che la complessità della documentazione richiesta dal GSE ai fini del controllo è tale che gli operatori, anche a fronte di progetti realizzati correttamente, hanno preferito rinunciare all’incentivo per l’impossibilità o l’eccessiva onerosità nel reperire quanto richiesto. È questo il caso, segnalato da molti operatori, dei progetti di efficienza energetica realizzati dai condomini per i quali, ad anni di distanza, il GSE ha richiesto dichiarazioni firmate o documenti rilasciati da tutti i condomini, che nel tempo naturalmente erano in molti casi cambiati rendendo impossibile per la ESCo o l’amministratore di condominio espletare correttamente la richiesta.

La realtà, purtroppo, è che il settore dell’efficienza energetica, come tutte le attività economiche di questo Paese, è caratterizzato dalla presenza di una grande maggioranza di operatori onesti che lottano faticosamente con regole e interpretazioni di difficilissima applicazione e una piccola minoranza di disonesti (o nella migliore delle ipotesi incompetenti) che minano il sistema con i loro comportamenti.

Gridare “sono tutti ladri” serve solo a rendere gli uni uguali agli altri creando anche u

Gridare “sono tutti ladri” serve solo a rendere gli uni uguali agli altri creando anche una sorta di giustificazione morale ai disonesti perché “tanto fanno tutti così”. Non è assolutamente vero e quindi è oltremodo importante valorizzare il lavoro di chi rispetta le regole (la maggioranza) e punire adeguatamente chi non le rispetta (pochi e spesso facilmente individuabili con buona volontà e organizzazione).

La consapevolezza di questa situazione ha portato in passato i rappresentanti degli operatori di settore (ESCo e imprese industriali titolari di progetti di efficienza energetica) a richiedere un rafforzamento delle attività di controllo segnalandone l’inadeguatezza che si è protratta per troppo tempo creando le condizioni per il perpetrarsi di casi di truffe alcune delle quali di dimensioni e caratteristiche tali da renderle individuabili con una adeguata verifica preventiva.

Il meccanismo dei Certificati Bianchi non è “marcio” e neppure “un sistema al disastro”, ma uno strumento che, se adeguatamente revisionato, manutenuto nel tempo e ben gestito, può rappresentare uno stimolo fondamentale al miglioramento dell’efficienza energetica.

Giuseppe Pastorino
Presidente AICEP Associazione Italiana Consumatori Energia di Processo
Presidente AICE Scarl (ESCo)